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Merz alla fine la spunta, ma è stato un terremoto
di Massimo Villone da il Fatto Quotidiano del 7/5/2025
Al secondo scrutinio il Bundestag elegge Merz come nuovo cancelliere, dopo che i franchi tiratori gli avevano sbarrato il passo nel primo voto. L'art. 63 della Costituzione tedesca avrebbe concesso fino a 14 giorni per recuperare il passo falso. Ma la coalizione Cdu-Csu/Spd ha preferito riparare subito il danno, probabilmente assumendo in premessa che qualunque prolungamento della crisi avrebbe presentato rischi politici. Ma il terremoto c'è stato, e non è privo di conseguenze. Il secondo scrutinio immediato è l'aspirina che può solo temperare il rialzo febbrile, non curare la malattia. È l'onda lunga del risultato elettorale ultimo con l'avanzata dell'estrema destra. Ci sarà polemica su chi ha tradito e perché. Si discuterà se abbia pesato la certificazione di estremismo del partito AfD. È casuale che la notizia sia emersa nell'imminenza del voto parlamentare sul cancelliere? Vedremo lo scontro politico quotidiano. Ma è importante capire che c'è di più. È in crisi, infatti, il modello costituzionale della democrazia “difensiva” o “combattiva” disegnato dalla Costituzione tedesca. L'art. 21 prevede che "i partiti, che per le loro finalità o per il comportamento dei loro aderenti si prefiggono di attentare all'ordinamento costituzionale democratico e liberale, o di sovvertirlo, o di mettere in pericolo l'esistenza della Repubblica federale di Germania sono incostituzionali. Sulla questione di incostituzionalità decide il Tribunale costituzionale federale". È impossibile in questa sede ricostruire in dettaglio il processo storico che ha prodotto l'art. 21 e l'interpretazione della norma. Si parte dalla constatazione che la difesa della democrazia affidata dall'art. 48 della Costituzione di Weimar (1919) al presidente della Repubblica con l'attribuzione di poteri straordinari di dichiarazione di stato di assedio e sospensione di diritti fondamentali non era stata sufficiente a fermare l'ascesa di Hitler al potere secondo mezzi almeno in parte formalmente legali. L'art.48 non poneva ostacolo allo svuotamento della democrazia dall'interno. Ecco quindi l'obiettivo di fermare i soggetti politici che perseguono quel fine, giungendo anche allo scioglimento. Ci sono precedenti, con lo scioglimento del partito neonazista nel 1952, e del partito comunista nel 1956. Va anche aggiunto che nel 2017 è stato aggiunto un comma all'art. 21, con la previsione che si possa negare l'accesso al sostegno pubblico - in Germania previsto - ai partiti "anticostituzionali". Da ultimo, con pronuncia del 23 gennaio 2024 la Corte costituzionale federale ha deciso che il partito neonazista Die Heimat (già Partito nazionale democratico tedesco - Npd) sia escluso dal finanziamento statale e dai benefici fiscali per sei anni. In tale contesto emerge il senso della certificazione di estremismo per AfD. Ma il risultato dell'ultimo turno elettorale e la mancata elezione al primo turno del cancelliere dimostrano che la difesa "dall'interno", con la tutela sul piano giuridico dei processi democratici a opera delle istituzioni, incontra un limite non tanto formale, quanto di effettività. E questo è vero in Germania e in ogni altro paese di democrazia cd. liberale, come ad esempio gli Stati uniti, o l'Italia. Cogliamo qui l'importanza (negativa) per il nostro paese che affiori nella maggioranza l'invito di andare al mare per il voto sui referendum di giugno. Era prevedibile. L'occasione era troppo favorevole, in sé e per la sinergia con la parte delle opposizioni di cui è noto il non troppo dissimulato fastidio verso l'iniziativa referendaria. Un assist oggettivo che però non cambia il copione, in cui era già scritto il raggiungimento del quorum come montagna difficile da scalare. Ci prova Landini con l'intervista al Corriere della Sera del 3 maggio. Lamentando la mancanza di informazione e il silenzio del governo e della maggioranza sul voto, nega che i referendum siano contro l'esecutivo. Sottolinea che una vittoria del Sì aprirebbe una nuova fase politica, di difesa dei diritti. In realtà, possiamo aggiungere che con il voto si difende il referendum come strumento essenziale della partecipazione popolare, e che questa partecipazione è l'unica vera tutela di un sistema democratico in affanno. Si conferma come errore strategico non avere colto l'occasione di ripartire subito – dopo la sentenza 10/ 2025 della Consulta - con una nuova proposta referendaria sull'autonomia differenziata, come ho proposto su queste pagine. A giugno, tutte e tutti alle urne, senza se e senza ma. Ma dalle opposizioni ci aspettiamo un progetto strutturato di rafforzamento degli strumenti di partecipazione democratica, sia per l'iniziativa popolare delle leggi che per i referendum. Ne riparleremo. La Costituzione si difende nel popolo, e con il popolo.
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