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Rilanciare un progetto civico di partecipazione democratica
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 25/05/2025
Grande è la festa dei napoletani per il quarto scudetto, ed è giusto così. Insieme all’arrivo dell’America’s Cup è per molti il segnale di un risveglio della città troppo a lungo atteso. Ma quando si emerge da un simile sonno bisogna sempre chiedersi cosa è accaduto e perché. E la risposta si trova nella debolezza del sistema politico e istituzionale del paese. Così una questione in sé marginale come il terzo mandato fa addirittura traballare Palazzo Chigi. Che magari trova un precario equilibrio approvando un disegno di legge delega sui livelli essenziali delle prestazioni – architrave dei diritti e dell’eguaglianza per ogni donna o uomo nel paese – senza un euro volto a sanare i divari territoriali gravi e gravissimi che ci affliggono. Un imbroglio manifesto. O emerge l’ipotesi di una legge elettorale costruita sul mantra di una governabilità smentita quotidianamente dalle risse nel governo. O cala il sipario sulla rappresentazione teatrale in stile Meloni di una inesistente centralità e capacità di mediazione dell’Italia. Il rischio dell’isolamento è ora evidente, dopo le ultime mosse di Trump sui dazi contro l’Europa. È una debolezza sistemica, che si riscontra nel nostro e in molti altri paesi di democrazia cosiddetta liberale. Investe ovviamente tutti i livelli territoriali, come bene descrive Raffaele Cimmino su queste pagine parlando della Campania. Suggerisce che nella palude in atto si cerchino un federatore e un progetto politico innovatore. Ma soprattutto chiede una iniziativa assistita da “civismo”. Anche io penso – e ho già scritto su queste pagine – che quando la politica e le istituzioni mostrano, come oggi accade, fragilità e debolezze l’unica risposta possibile ed efficace in tempi brevi è una robusta iniezione di partecipazione democratica. Bisogna puntare sulla democrazia diretta. Quel che molti non sanno è che la Campania, da questo punto di vista, ha già (quasi) tutto quel che serve. Il vigente statuto regionale prevede all’art. 12 l’iniziativa popolare delle leggi, con una proposta sostenuta da diecimila firme. Prevede inoltre (artt. 13 e 14) un referendum abrogativo di leggi regionali, e un referendum consultivo su qualsiasi iniziativa o provvedimento della regione). Prevede addirittura, all’art. 15, una forma avanzatissima di iniziativa legislativa popolare rafforzata. La proposta di legge o di regolamento regionale sostenuta da almeno 50000 firme e non approvata, o approvata con modifiche sostanziali, nei sei mesi dalla presentazione è automaticamente sottoposta al voto popolare. Il popolo sovrano decide. A queste disposizioni si accompagnano la disciplina dell’iniziativa legislativa popolare (l. reg. n. 4/1975 e succ. mod.) e del referendum (l. reg. n. 25/1975 e succ. mod.), un regolamento del Consiglio regionale, una Consulta di garanzia statutaria (l.reg. 25/2018) con proprio regolamento (delibera 11/2020). Un apparato imponente, tale che la Campania potrebbe essere la punta di diamante di un rinnovamento democratico del paese, esempio per la politica e le istituzioni, e non solo per il pallone. Ma cosa è successo? Esattamente nulla. Emblematico da questo punto di vista il caso di Rigenera, già richiamato su queste pagine. Una proposta di grande rilievo, presentata con il sostegno di 13000 firme. Accolta con torpido silenzio dalla politica ufficiale, fa un primo passaggio in commissione e arriva in aula. Il Consiglio la rinvia in commissione, dove giace nell’indifferenza, perché altre questioni – come il terzo mandato o le candidature nel prossimo valzer elettorale – hanno l’assoluta priorità. Ed ecco la proposta. Quale forza politica assume l’onere di formulare e portare in campagna elettorale un progetto volto a rivitalizzare gli strumenti di partecipazione democratica che già ci sono? In particolare per l’iniziativa legislativa popolare rafforzata? Ad esempio, con firme e voto online? Inoltre, la normativa vigente deve essere messa a regime, per neutralizzare le trappole – che esistono - per il popolo sovrano. Una è tipicamente il passaggio in commissione, come gli addetti ai lavori sanno bene. Ripulire, armonizzare e integrare la disciplina non è impossibile. Chi si offre volontario? È così che il civismo non è più un flatus vocis buono a tacitare la coscienza di chi lo reclama in principio ma non lo pratica davvero. E se al popolo sovrano si toglie la mordacchia anche l’infinita e indigeribile querelle su mandati e candidati sparisce sotto l’orizzonte.
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