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Sud, serve una politica industriale
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 28/11/2024
È stato presentato ieri a Roma il rapporto Svimez 2024. Come sempre, è un momento significativo di lettura di quel che è, e di quel che potrà essere. Il Mezzogiorno vive un momento favorevole, ma calano sul futuro ombre preoccupanti. A un 2024 di crescita superiore rispetto al Centro-Nord segue in prospettiva un rallentamento nel 2025-2026 che ricolloca il Sud in affanno nelle posizioni di coda. La maggiore crescita in atto è data dal Pnrr, che vale per circa tre quarti della crescita del Sud, e solo per una metà della crescita del Centro-Nord. Ma l'effetto è a termine, e i rischi che derivano da un difficile contesto economico europeo e geopolitico globale sono gravi. Se non si avviano politiche strutturali volte alla crescita il rallentamento è inevitabile. Il direttore Svimez Luca Bianchi ha richiamato il contesto europeo, e in specie anche i rapporti Letta e Draghi. Ha esposto dati che in buona parte smentiscono la narrazione di amministrazioni meridionali incapaci di dare attuazione agli interventi del Pnrr. Ha sottolineato che le politiche di coesione territoriale hanno favorito e sostenuto la crescita. Ma un punto di domanda di particolare interesse è: quali politiche possono utilmente prefigurarsi? Qui la risposta è netta: non ci può essere sviluppo reale del Mezzogiorno senza industria. Non bastano il turismo e i B&B. Bisogna pensare a politiche industriali che promuovano nuove produzioni di tecnologia di frontiera da un lato, e dall'altro accompagnino la transizione nei settori di specializzazione esistenti, con in testa l'automotive, ma anche cantieristica navale, aerospazio, agroindustria, farmaceutica. E soprattutto si richiedono politiche per frenare la fuga dei giovani. Il Sud ha perso in dieci anni duecentomila giovani, che in genere emigrano prima al Nord, e poi all'estero. Il Nord resiste oggi con l'arrivo dei giovani del Sud. Ma è una riserva destinata a scomparire nell'arco di pochi anni senza politiche adeguate, in specie su scuola e università. E tutto il paese sarebbe inevitabilmente condannato a soffrirne. Insoddisfacente la risposta del ministro Musumeci alla articolata analisi Svimez. Afferma che il Sud è una priorità assoluta del governo. Ma una strategia proprio non emerge, ed anzi le scelte in atto vanno in direzione opposta. La prevista fine della decontribuzione per il Sud può costare in prospettiva - sottolinea Luca Bianchi - 25000 posti di lavoro nel Mezzogiorno. I dati trionfalistici sull'aumento dei posti di lavoro sono una illusione ottica. Vanno letti insieme alla diminuzione delle ore lavorate, ci dirà poi il presidente Svimez Adriano Giannola nell'intervento conclusivo. E questo è il segno dell'aumento del lavoro precario, del part time involontario, di un lavoro poco e male retribuito, più in generale di un lavoro che diventa più povero. Lo dice con forza la Cgil (Serena Sorrentino, segretario Fp Cgil). Tutto questo non si giustifica certo con un Sud che non vuole cambiare per fatalismo, individualismo, familismo, come dice Musumeci. E poi, quale correzione di rotta arriva da chi sta al timone? Non basta parlare di piano Mattei o di ministeri per il mare. II Sud ha bisogno di un solido progetto politico - che proprio non si vede - di investimenti su porti e retroporti, su trasporti e mobilità, sulle infrastrutture strategiche per la crescita e l'eguaglianza dei diritti, come sanità e scuola. In mancanza, come ha detto Giannola, entro il 2040 avremo l'eutanasia del Mezzogiorno. E non si illuda il Nord di sopravvivere andando in fuga con l'Autonomia differenziata, secondo una logica di "prendo tutto e scappo". Senza il Mezzogiorno il resto del paese non sopravvive.
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