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L’omelia del venerdì di De Luca
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 24/11/2024
Nella consueta omelia del venerdì il presidente De Luca ha riassunto i suoi successi, in specie nella sanità e nei trasporti. È legittimo il richiamo ai risultati positivi. Ma non mancano certo le ombre, come leggiamo anche su queste pagine. Il punto è che De Luca cerca una vetrina a sostegno del suo terzo mandato. Sostiene che interrompendo l’azione di governo (rectius: del suo governo) si rischia di bloccare realizzazioni cruciali per la regione. Ma l’argomento prova troppo. Se la continuità fosse l’elemento in assoluto discriminante, chi governa bene avrebbe titolo a mantenere la poltrona a vita. Quando le regole impongono di fermarsi, vanno osservate. E chi lascia deve passare la mano a chi sopravviene. La legge regionale 16/2024 approvata per aprire a De Luca la strada al terzo mandato è fortemente sospetta di incostituzionalità. Lo sostenevo su queste pagine già il 6 agosto 2021, e quindi molto prima delle polemiche sul punto. Ora pare che il governo stia considerando una impugnativa. È possibile che a Palazzo Chigi pesi di più la voglia di Meloni di fermare Zaia e prendere la presidenza del Veneto che non la questione campana. Vedremo. Va anche considerato che se il governo non impugnasse rimarrebbe la possibilità di iniziative in sede giudiziaria da parte di controinteressati nella fase elettorale. La precarietà è ineliminabile. A nulla poi vale l’argomento molto utilizzato che i parlamentari non hanno il limite di due mandati che si vuole per i governatori. Il problema di un limite nasce per le cariche che dispongono di poteri esecutivi e di gestione del denaro pubblico. Così si costruiscono clientele e sodalizi, che sono incrostazioni nefaste per la salute del sistema democratico. Non desta quindi una buona impressione l’attacco di De Luca alla politica politicante romana. Avrebbe forse maggior merito la politica politicante campana? Il Pd nazionale rimane al momento fermo sul diniego del terzo mandato, e prepara il terreno per la coalizione che affronterà la competizione elettorale. De Luca minaccia di scendere in campo comunque. Non dubitiamo che sia capace di dare seguito a quanto dice, ma ci permettiamo di sconsigliare che lo faccia. Lo scenario in cui per la sua ambizione personale spacca la coalizione e consegna la regione alla destra riscrive in negativo la nota a piè di pagina nei libri di storia che a oggi può avere meritato. Nel monologo di venerdì De Luca ha poi colto l’occasione per attaccare le opposizioni che non hanno sostenuto la proposta di legge statale approvata dal consiglio regionale della Campania volta a modificare la legge Calderoli sull’autonomia differenziata. È stata presentata l’8 novembre, ed è ora l’AC 2136. Qui bisogna esser chiari: sarebbe stato meglio non presentarla, o quanto meno aspettare l’udienza del 12 novembre in Corte costituzionale e tenerne conto. La stessa regione Campania ha contribuito con un ricorso e un amicus curiae dell’Anci. La presentazione anticipata della proposta di legge in qualche modo sminuisce l’importanza e il significato della posizione assunta con il ricorso, che copre la materia dell’autonomia in modo molto più incisivo e articolato. Proprio a seguito dei ricorsi, la pronuncia della Consulta incide sulla legge Calderoli in misura assai maggiore che non la legge presentata dalla Campania, con effetti di ben più ampia portata anche sul piano giuridico. La legge proposta dalla Campania coglie anche punti problematici, ad esempio sulla equa distribuzione territoriale delle risorse o sui contratti integrativi per scuola e sanità. Ma l’adeguamento che sarà necessario dopo la sentenza va molto oltre quel che la legge propone. Per non dire che rimane aperta la procedura per il referendum abrogativo, cui la regione Campania partecipa con i due quesiti, totale e parziale. Ed è davvero debole l’argomento che la proposta di legge serva a evitare il referendum. Il messaggio che se ne trae è che la legge proposta è volta ad aprire in qualche modo una trattativa, che però partirebbe già al ribasso. Non di questo hanno bisogno la Campania e il Mezzogiorno, e ci vuole ben altro per rimettere sui binari giusti un paese che con l’autonomia differenziata rischia di deragliare.
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