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La secessione strisciante di Calderoli
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 8/11/2022
Questo giornale scende in campo, con le chiare parole di Ottavio Ragone, contro l'autonomia differenziata nella sua attuale declinazione. E' un impegno che va onorato e sostenuto nell'interesse del Mezzogiorno. Un primo passo è l'avvio di un'analisi della bozza di legge di attuazione dell'art. 116.3 della Costituzione, a firma Calderoli. Della inutile auto qualificazione come legge di principio ho già scritto su queste pagine, e non mi ripeterò. Qui conta che con la legge Calderoli rimane in campo la lettura estremizzata dell'art. 116.3, propria dei fan dell'autonomia differenziata, per cui potrebbe accadere nell'istruzione, nei trasporti, nell'ambiente, nel lavoro, nei beni culturali e in altro ancora quello che è già accaduto nella sanità: il paese si frammenta in sistemi regionali, si dissolve l'eguaglianza nei diritti di cittadinanza, diventano impraticabili le politiche nazionali volte alla riduzione dei divari territoriali e in specie al superamento del dualismo strutturale Nord-Sud. Vogliamo sottolineare tre punti funzionali a un esito sostanzialmente separatista. Il primo: Lep e spesa storica. Nella legge (artt. 3 e 4) la definizione di livelli essenziali di prestazione per i diritti e sociali è una condizione solo parziale e comunque superabile per l'avvio della autonomia differenziata. Che invece parte con la spesa storica, e cioè l'attuale distribuzione territoriale delle risorse pubbliche. E' agevolmente dimostrabile che la narrazione di un Sud favorito in quella distribuzione è ingannevole e truffaldina. I Lep non si sono fatti per oltre venti anni perché avrebbero richiesto - se quali-quantitativamente adeguati - una riallocazione significativa di risorse dal Centro-Nord al Sud. Oggi, soprattutto in uno scenario in cui mancano prospettive di crescita duratura e sostenuta, è evidente che un'autonomia differenziata fatta prima dei livelli essenziali delle prestazioni può solo congelare o aumentare i divari territoriali, non certo ridurli. Il secondo: l'irreversibilità. L'autonomia differenziata disegnata dall'art. 2 della legge Calderoli dipende - sia nel venire in essere che nell'eventuale modifica - dalla regione, che la propone all'avvio e concede conclusivamente l'intesa per l'approvazione. L'art. 6 della legge sembra dire altro: "L'intesa di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione può indicare la propria durata e può in qualunque momento essere modificata su iniziativa dello Stato ovvero della Regione interessata...".Ma "… con le medesime modalità previste nell'articolo 2". E quindi la modificabilità è solo una cortina di fumo. La prospettiva è un'Italia di repubblichette indipendenti, che nessuno può riportare a un disegno unitario se le repubblichette non vogliono. Il terzo: la totale emarginazione del parlamento. Per l'art. 2 l'intesa viene costruita in una trattativa tra la singola regione e il ministro per le autonomie, approvata in consiglio dei ministri e trasmessa per un parere non vincolante alla commissione bicamerale per le questioni regionali. Tradotta poi in un disegno di legge governativo è sottoposta alla "mera approvazione" delle camere. Termine che si intende come votare sì o no, senza poter emendare il contenuto della autonomia. Il popolo italiano verrebbe in sostanza privato di proposta e di parola sull'autonomia concessa. Il trasferimento di risorse a seguito dell'intesa verrebbe deciso e monitorato in una commissione paritetica Stato-Regione (artt. 4 e 6), e quindi nemmeno arriverebbe alle assemblee elettive. E' evidente la possibilità che una o più regioni si trovino nella condizione di strappare a un governo compiacente un regime di rapporti con lo Stato inaccettabile e non più reversibile. Bisogna arrivare a una lettura diversa dell'art. 116.3 della Costituzione, compatibile con l'unità del paese, di cui però la legge Calderoli non reca alcun segno. La lettura alla base è quella estremizzata di Zaia e del Veneto: tutta l'autonomia possibile, qui e ora, o al più gradualmente. Una secessione di fatto, immediata o strisciante. Se questa si ritenesse l'unica lettura possibile dell'art. 116.3, allora bisognerebbe concludere per una necessaria modifica della norma costituzionale. Tutto accade per un disegno - la locomotiva del Nord - che si è già dimostrato perdente, e ha condotto le nostre presunte eccellenze del Centro e del Nord a una rovinosa caduta nelle classifiche territoriali europee. Calderoli si definisce sulle autonomie un caterpillar. Vogliamo sperare non sia la macchina che scava la fossa alla Repubblica una e indivisibile.
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