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De Luca, il Sud conta più del jogging
di Massimo Villone da la Repubblica Napoli del 30/4/2020
Nel confuso chiacchiericcio politico, scientifico e normativo che ci assedia da molte settimane emergono alcune indicazioni. Anzitutto, nella fase 2 non ci saremo liberati del virus, col quale dovremo invece convivere per un tempo non breve. Inoltre, dopo l’emergenza sanitaria si apre un’emergenza economica e sociale almeno altrettanto difficile da fronteggiare. Infine, dal tentativo di rispondere alla emergenza economica può venire un riacutizzarsi, con le ri-partenze, dell’emergenza sanitaria. Il pericolo è reale, dal momento che la crisi si è scatenata non solo per l’ignoranza sul nemico da combattere, ma anche per l’impreparazione del sistema sanitario. Qualcosa si è fatto, soprattutto con l’aumento dei posti di terapia intensiva e sub-intensiva. Ma le debolezze strutturali derivanti da anni di tagli alla spesa sanitaria, al rapporto con il privato in danno per il pubblico, al deficit della medicina territoriale, al grave divario Nord-Sud, potranno essere sanate solo in tempi medi o lunghi. Si capisce allora la cautela delle riaperture, differenziate nei tempi e per territori. Ma rileviamo nel crono-programma una vistosa mancanza: la specificità del Mezzogiorno. Il Sud è stato toccato meno duramente del Nord dalla crisi sanitaria, ma potrebbe subire un colpo assai più pesante dalla crisi economica, con uno scenario devastante e incontrollabile di crisi sociale. È intuitivo che un rallentamento del ciclo economico destinato a produrre nel paese milioni di nuovi poveri provochi le peggiori ferite là dove c’è già il più alto numero di poveri assoluti e relativi, di disoccupati e sottoccupati, precari, irregolari, lavoratori in nero, invisibili. Ed è convincente la lettura Svimez di imprese del Sud a rischio default in misura quattro volte superiore a quelle del Nord, e di un saldarsi nel Sud della crisi di oggi ai postumi mai superati di quella del 2009. Preoccupa allora, che di una specificità del Mezzogiorno non si trovi traccia nelle strategie di contrasto in atto. Si è alzata una polemica per l’ipotesi, circolata a Palazzo Chigi, di riorientare verso il Nord i fondi di coesione territoriale e in specie di sospendere il vincolo del 34% a favore del Sud nella spesa della pubblica amministrazione. Ma il problema di oggi è altro, e più immediato. Lo vediamo nella consapevolezza che il sostegno economico necessario alla ri-partenza è determinato in qualità e quantità dalla resilienza del tessuto economico cui si riferisce. Una misura di sostegno può bastare in presenza di un tessuto economico-produttivo più forte, e non essere invece sufficiente nel secondo. Nel primo caso le serrande si alzano e si ricomincia. Nel secondo rimangono abbassate e si rimane al palo. Allora non basta il crono-programma scandito per giorni o settimane, e per tipologia delle aziende autorizzate a riaprire i battenti. Sarebbe necessaria un’analisi del che serve, a chi, dove, come e quanto per ripartire davvero, al fine di prevenire il formarsi di un esercito di disperati questuanti e alla fame, con i connessi timori – da più parte evidenziati – per la legalità e i possibili inquinamenti di organizzazioni criminali. Questioni che certo non competono agli scienziati, di qualunque sapere e caratura. Competono alla politica. Ma il ceto politico non le assume e non le affronta. Il luogo appropriato sarebbe il parlamento rappresentativo, che però nella fase attuale si mostra ancor più afono e marginale di quanto già fosse. Gli indirizzi politici di contrasto alla crisi sono formulati a Palazzo Chigi, e nelle conferenze e cabine di regia tra Stato, Regioni ed enti locali. Le ragioni del Sud non riescono a emergere nelle scelte governative, pur essendo certo non sfavorevole la composizione dell’esecutivo. Mentre le conferenze sono state storicamente il luogo in cui si è consolidata e allargata la faglia che attraversa il paese, essendo squilibrate a favore della parte più forte e rimanendo cedente la voce del Mezzogiorno. Tali rimangono. Anche ora il ceto politico meridionale si segnala per il suo silenzio. Si concentra su chi e come deve riaprire qualche ora prima o dopo. Alla fine, è una distrazione di massa non meno del richiamo ai “congiunti” nell’ultimo dpcm. Vale anche per De Luca. Ci dia un progetto compiuto di quel che serve e che il Sud deve chiedere per mantenere il contatto con il resto del paese. Delinei per i suoi rappresentati, e magari per tutto il Mezzogiorno, un quadro di aspettative e speranze. In cambio, promettiamo di non allungare troppo il passo, per evitare che la camminata diventi jogging, con annesse sanzioni.
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